il menu di federicoMolte testimonianze dimostrano che Federico amava molto le occasioni conviviali. 

Più che di banchetti sfarzosi e ricche abbuffate, si trattava di cene raffinate, cui partecipava la sua corte e, spesso, i maggiori personaggi dell'epoca. 

L'imperatore amava cibarsi di carni allo spiedo, in particolare di lepri e di allodole, sia in guerra che durante le lunghe battute di caccia. 

Apprezzava invece i volatili, fagiani compresi, che cacciava con i falchi. 

La caccia con il falcone era fra i suoi passatempo preferiti, tanto che ha lasciato un famoso codice, il "De arte venandi cum avibus". 

Federico II amava molto anche il pesce, in modo particolare la razza e l'anguilla (le anguille provenivano dal Lago di Lesina, feudo del conte Matteo Gentile) trattata con l'aceto e conservato in gelatina, molto usata anche oggi in Puglia e Molise.

Il cinghiale, molto comune all'epoca, non costituiva uno dei suoi piatti preferiti. 

il vinoL'Aglianico del Vulture è senza dubbio tra i migliori vini prodotti in regione ed è anche l'unico a fregiarsi dal 1971 del marchio d.o.c.

Viene prodotto nella zona del monte Vulture, antichissimo vulcano spento, che per l'origine dei suoi terreni conferisce al vino quelle caratteristiche di gusto così rare e tanto apprezzate. Annoverato tra i migliori vini d'Italia e d'Europa (ha infatti ricevuto molti riconoscimenti in campo internazionale) l'Aglianico del Vulture d.o.c. è prodotto da vitigni introdotti ai tempi della Magna Grecia.

Ha colore rosso rubino o granato vivace e con l'invecchiamento presenta riflessi che tendono all'arancione. 

Ha un odore vinoso gradevole, sapore asciutto e armonioso, giustamente tannico che tende al vellutato con l'invecchiamento. 

La sua gradazione non è mai inferiore ai 12° e viene denominato vecchio con almeno tre anni di invecchiamento, riserva se ha almeno cinque anni di invecchiamento. 

E' un vino che bene si abbina ai piatti di carne, meglio se arrosti o selvaggina. 

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castagneSulle pendici boscose del Vulture, è possibile trovare castagneti dai frutti particolarmente grandi e gustosi, tant'è che ogni anno, nel mese di ottobre, si organizza a Melfi la tradizionale "Sagra della varola" (castagna), un appuntamento gastronomico tra i più prestigiosi in Basilicata. 

In questa vasta zona è segnalata anche la presenza di alcune specie di tartufi pregiati, conosciuti ed apprezzati fin dall'antichità, ma che soltanto da pochi anni vengono raccolti e utilizzati in Basilicata. 

Infatti lungo le rive di alcune fiumare e nei boschi non solo del Melfese, oggi è possibile rinvenire sia il tartufo bianco pregiato (Tuber magnatum), che alcune specie di tartufo nero (T. aestivum, T. aestivum var. uncinatum, T. brumale); prodotti raffinati dal fascino misterioso che concorrono a rendere ancora più ricco ed intrigante l'elenco delle specialità gastronomiche lucane. 

Nel periodo estivo a Brienza e a Muro Lucano, ed in autunno in occasione della Fiera dell'Agricoltura a Tito Scalo, si tengono interessantissimi convegni, molto spesso in concomitanza delle sagre dedicate alla valorizzazione dei tartufi lucani.

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le acque minerali del vultureIl Vulture presenta sorgenti che da millenni rappresentano un immenso bacino idrominerario. 

Dalle sue viscere sgorgano quelle acque minerali acidule, il cui sfruttamento assicura, da oltre cento anni, lo sviluppo di un rinomato gruppo di industrie d'imbottigliamento. 

La montagna abbonda di sorgenti, in media fra i 400 e i 600 metri. Ve n'è però anche di molto elevate, fino a 1049 metri.

I materiali vulcanici forniscono alle acque sorgive una naturale effervescenza, che è diventata una delle caratteristiche più apprezzate dal mercato nazionale e da quello estero.

Limpide, incolori, di sapore leggermente acidulo e gradevole, vengono raccolte e imbottigliate con moderne attrezzature e commercializzate sia in Italia che all'estero.

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il pecorino di filianoIl formaggio che viene prodotto a Filiano deriva da latte di pecore allevate al pascolo.

Per la produzione di questo formaggio i pastori di Filiano usano ancora oggi tecniche tradizionali: il latte derivante dalle due mungiture, serale e mattutina, viene fatto scaldare in un calderone con fuoco vivo diretto, portandolo ad una temperatura di circa 35-36°C, si aggiunge quindi il caglio naturale. 

Terminata la coagulazione, la cagliata viene rotta in piccoli pezzi, poi si fa riposare per qualche minuto affinché possa precipitare sul fondo. 

La massa così ottenuta è poi estratta dal siero, posta in fiscelle e pressata manualmente al fine di renderla compatta e facilitare il deflusso del siero residuo. 

Dopo un riposo di 3-4 giorni le forme vengono salate usando la salamoia, quindi passano alla fase della stagionatura che dura circa un anno e avviene ponendo le forme in un ambiente fresco e ventilato a temperatura costante. 

Il prodotto finito risulta avere forma cilindrica con facce piane, crosta dura e rugosa, pasta bianca o leggermente paglierina, uniforme o con leggera occhiatura, peso da 2 a 8 Kg.

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