“Io sono san Rocco il santo, / flagelli e peste io cambio in festa, / grazie faccio ai forestieri e ai paesani”.
Sono i versetti di una “storia” del santo cantata in dialetto durante la processione del 16 agosto, giorno della festa.
Il culto di San Rocco è praticato in Tolve già prima del 1544 e da secoli richiama molti fedeli dai paesi della Basilicata. Colui che partecipa alla festa può essere colto da sorpresa nel vedere una grande affluenza di gente in chiesa e il suo “parlare” al Santo. Ciò esprime ancora l’antica confidenza che il contadino aveva con San Rocco, considerato un “potente fratello maggiore” al quale rivolgersi per chiedere aiuto ed eventualmente indirizzare un pubblico insulto quando egli si mostra “avaro” di grazie.
Un’altra sorpresa nasce dal constatare l’intensa commozione, al limite delle lacrime, che si determina nei presenti al passaggio della statua del Santo.
Bisogna avere un secolare passato di povertà per capire perché tanta gente ancora gli canta: “Scendi, scendi angelo santo, vieni ad asciugare il mio pianto!”