Il Viandante: Avigliano - Chiesa di S. Maria degli Angeli



Pianta e prospetti.

      Nel 1615, a seguito di bolla pontificia, inizia la costruzione del Convento dei francescani Minori Riformati. E' eretto nella parte nord del paese, non lontano dal monticello detto "lu 'mpiso" (luogo d'impiccagione, in seguito denominato Calvario). 

    Ben presto acquista prestigio  per la qualità degli studi in esso compiuti e perché dotata di una ricca biblioteca contenente anche opere profane (cosa insolita per una biblioteca ecclesiastica dell'epoca). 

      In una  relazione del 1674, indirizzata al re, si legge che tale convento  "il decoro et il specchio di questa terra e i frati sono nel Regno veramente osservanti, et i più esemplari, e pochi altri l'uguagliano nel buon esempio che danno" (Ardoini).  

     La legge eversiva della feudalità del 1806, con cui furono soppressi anche gli Ordini religiosi, non  tocca questo convento perché privo di possedimenti (i frati ricevevano, infatti, un contributo per il sostentamento dal Comune). 

    Nel 1861 lo stabile ospita le truppe piemontesi fino al '66, anno in cui diventa proprietà del Comune. Il quale sottoscrive l'impegno di custodire la ricca biblioteca. Non mantenne però gli impegni  permettendo che essa fosse depredata nel corso degli anni (solo una piccola parte dei volumi si trovano nel convento di S. Maria a Potenza). E' stato, inoltre, fautore dello scempio del convento: ha abbattuto muri interni, aperto porte, ha affittato i locali, alcuni dei quali ad uso di un pastificio.  

    L'illustre aviglianese Emanuele Gianturco, ministro dei Lavori Pubblici, fa' acquisire il convento dal dicastero di grazia e giustizia, che lo trasforma in Riformatorio minorile, aperto fino alla metà degli anni Novanta del Novecento. Ora  tornato alla gestione comunale...

 

 

Facciata, 1786.

    La facciata  stata rifatta nell' "A.D.1786" (come si legge  sul frontale) ed  costituita da una parte centrale e due facce oblique ai lati. E' in pietra liscia e organizzata secondo un sobrio stile barocco. Una cornice, anch ' essa in pietra, delimita il  portale. Lo sovrasta 

una finestra ad arco a tutto sesto. 

I lati obliqui sono delimitati da leséne con nicchia nella parte inferiore, e due oculi in quella superiore. La facciata termina con un frontone curvilineo su cui sono poste tre statue dei Ss. Francesco, Maria, Antonio.

La chiesa nasce poco dopo il convento, fondato nel 1615. Chiusa al culto nel 1866,  l'anno successivo  riaperta e affidata all'ex guardiano del convento. Dal 1900 passa sotto la giurisdizione del clero secolare locale. 

 

Portale, materiale lapideo, XVIII secolo.

    Una cornice in pietra delimita il  portale,  il cui architrave pare sorretto da teste d'angelo, che sono però soltanto ornamentali.

 

 

 

 

 

Frontone della facciata, 1786.

    La facciata termina con un frontone curvilineo su cui sono poste tre statue, dei Ss. Francesco, Maria e Antonio. 

 

 

 

Portale, parte destra dell'architrave, XVIII secolo.

    L'architrave  pare poggiare su due teste di putti, che sono però soltanto ornamentali e che fanno pendant con motivi floreali collocati sull'angolo esterno.

 

 

 

Interno, XVII-XVIII secolo.

    L'interno si presenta a due navate: la  principale, lunga m. 32x7, ha una volta a botte lunettata più alta di quella laterale, la quale misura m. 19x5 e ha la volta a crociera. La prima, coi suoi stucchi e cornici, si contrappone alla seconda, sobria nella decorazione.

   La navata principale termina con l'abside.

 

 

Ignoto, Altare della Madonna con Bambino e i Ss. Michele e Gregorio, legno policromato, XVIII secolo, navata laterale.

 Del  pittore Cenatiempo si posseggono documenti che vanno soltanto dal  1702 al 1730.

(cfr. Scheda - Girolamo Cenatiempo)

 

 

 

Ignoto, Altare di St. Maria degli Angeli, legno policromato, XVIII secolo.

 Ignoto meridionale, S. Maria degli angeli, statua lignea, XVIII secolo, Altare di S. Maria degli Angeli.

 

 

 

 

 

Girolamo Bresciano, Porziuncola, tela, 1628.

    Collocata sul IV altare della parete  sinistra, tale altare  collocato nell'area del presbiterio ed  il pi grande della chiesa.  

La tela, di una semplicità ascetica, risponde ai canoni della pittura nata dalla Controriforma ed  organizzata secondo lo stile anedottico degli ex-voto.  

E' curioso notare come i due santi collocati in basso, Antonio e Agostino, sembrino essere estranei alla scena rappresentata da Maria e Cristo che appaiono in sogno a Francesco.

(cfr. Scheda - Girolamo Bresciano)

 

Ignoto, Altare di S. Francesco, legno policromato,  XVIII secolo; S. Francesco scultura lignea, XVII secolo.

Una serie di altari lignei intagliati, dorati e di stile barocco,  posta lungo la parete sinistra della navata principale. E' opera di un raffinato intagliatore. Questo altare  dorato e costruito con un virtuosismo decorativo e fornisce un suggestivo effetto plastico per l'organizzazione delle figure che lo ornano (cariatidi e putti).

 

 

 

 

Cariatide, scultura lignea, particolare, Altare di S. Francesco, XVIII secolo.

 

 

 

 

 

 

 Putti ornamentali, scultura lignea,  XVIII secolo, particolare, Altare di S. Francesco.

 

 

 

 

Filippo Ceppaluni, Ss. Pasquale Baylon e Pietro d'Alcantara, tela, 1745 e Ignoto, Altare, legno policromato, XVIII secolo

   Una serie di altari lignei intagliati, dorati e di stile barocco,  posta  lungo  la parete sinistra della navata principale. 

Questo  il primo. Contiene la tela del 1745 dipinta da  Filippo Ceppaluni, detto il Muto e allievo di Luca Giordano (1632-1705). Di questi egli risente molto  l'impianto figurativo. Sua  anche l'immagine della Madonna del Carmine collocata nella cimasa. Era noto ai suoi tempi soprattutto per la sua capacità di dipingere ritratti.

   Molte guide  riportano ancora la notizia che dei due santi raffigurati nella tela uno  san Giovanni della Croce invece che S. Pietro d'Alcantara. In realtà  il primo, uno dei pi grandi mistici dell'Occidente, essendo stato  frate domenicano (1542-1591), non figurava mai nella iconografia francescana. 

   Il secondo fu francescano, nato in Spagna nel 1499, anche lui grande mistico ammirato da santa Teresa d'Avila e dall'imperatore Carlo V, che lo avrebbe voluto per confessore.

(cfr. Scheda - Filippo Ceppaluni)

 

 

 Filippo Ceppaluni, Madonna del Carmine, tela, XVIII secolo.

   La tela  collocata nella cimasa del primo altare ligneo dei  Ss. Pasquale Baylon e Pietro d'Alcantara.

(cfr. Scheda - Filippo Ceppaluni) 

 

 

Cantoria e organo, legno policromato, XVIII secolo.

"La cantoria sembra essere stata smontata e riadattata per occupare esattamente lo spazio  dell'abside, destinato ad accogliere l'organo. Lo farebbero pensare gli inserti laterali di legname povero e non decorato a differenza del pannello centrale, che rievoca l'idea di un paliotto d'altare, e dei due angolari" (Sopraintendenza).

 

 

 

Ignoto, Crocifisso tra Maria Addolorata e S. Giovanni Evangelista.

   Le sculture  appartengono al XVIII secolo: il Crocifisso   in legno policromato, l'Addolorata e S Giovanni Evangelista sono in cartapesta policromata. Queste due ultime sono di fattura pregevole, soprattutto Maria. Tutte le statue sono di ignoto meridionale.

 

 

 

Ignoto, Altare della Passione, legno policromato, XVII secolo, navata laterale.

   Il Crocifisso  collocato in una nicchia sopra l'altare ed ha ai suoi lati le statue dell'Addolorata e di S. Giovanni Evangelista. Questo tipo di rappresentazione   ricorrente nelle chiese francescane della regione.

 

 

 

 

Pietro Antonio Ferro, Incoronazione di Maria e i Ss. Bonaventura da Bagnoregio e Bernardino da Siena, e, in basso, S. Lucia, tela, XVII secolo.

“La composizione dell’opera, equilibrata e simmetrica, evidenzia una struttura solida di masse e di volumi.” Gli angeli hanno una fisionomia uguale a quella del Bambino. Ai lati i due santi francescani, “come due colonne a sostegno del grande cerchio, equilibrano la composizione. Il dipinto alle forme trepide e patetiche del tardomanierismo associa felicemente quella gentile malinconia (molto cara al Barocci) e quel sottile naturalismo (caro al Santafede), ricorrenti nelle opere più mature del Ferro” (Colangelo).

(cfr. Scheda - Pietro Antonio Ferro)

 

Il Viandante: Potenza - Cattedrale di S. Maria Assunta

 

Esterno.

    Si accede alla chiesa mediante una gradinata semicircolare a ventaglio. La facciata  stata sistemata dopo il sisma del 1857. Il  portale si presenta architravato con timpano in pietra calcarea nel cui centro esibisce lo stemma del vescovo Claverio (1646-1672). Il portone di bronzo, collocato nel 1978,  dello scultore Giuseppe Niglia e propone, in modo alquanto bruttino, un Cristo risorto al centro di scene di vita della città, colpita dalla guerra e dalla povertà. Nel timpano si  apre un oculo del XIII secolo. 

 

 

 

Oculo della facciata, materiale lapideo, XIII secolo.

    Nel timpano della facciata  di originale rimane l’oculo del XIII secolo. Il resto ha subito vari rimaneggiamenti seguiti ai molteplici terremoti.  

 

 

 

Ingresso laterale, 1858.

 

 

 

 

 

 

 

Interno,  secc. XIII-XVIII.

    Le dimensioni  dell'interno sono: 50 metri la navata centrale, m. 6,75 la sua larghezza; m. 19,75 il transetto di sinistra (cappella del Santissimo), m. 13,50 quello di destra (cappella di S. Gerardo). L'attuale assetto fu dato dopo il sisma del 1857, quando si dovette intervenire e ridurre la chiesa da tre ad una sola navata  con, a destra e sinistra, quattro arcate per parte con altari di marmo policromo di fine Settecento.

   Lo stile neoclassico, abbastanza sobrio,  stato conferito dall'architetto  Antonio Magri nell'ultima decade del XVIII secolo per volere del vescovo Serrao, dopo che il sisma del 1783 aveva gravemente danneggiato la primitiva chiesa del XIII secolo. 

 

 

Cappella dell'Immacolata, prima a sinistra.

    La cappella contiene una preziosa statua lignea di S. Antonio Abate risalente al XVIII secolo. E' notevole il panneggio dell'abito dell'eremita. 

   La cappella ha avuto in passato una  funzione cimiteriale per alcuni vescovi della diocesi. L'ultimo ad essere qui sepolto è stato mons. Bertazzoni nel 1979.

 

 

 

Tomba di mons. Bertazzoni.

 Alberto Friscia, Sarcofago di Agusto Bertazzoni, bronzo, 1979, Cattedrale, prima cappella a sinistra.

   Il sarcofago contiene le spoglie mortali di mons. Bertazzoni, vescovo di Potenza dal 1930 al 1972. Era nato a Polesine di Pegognara (Mantova) nel 1876. Fu discepolo di don Bosco, amico di don Orione e di mons. Sarto, divenuto poi Papa Pio X (1903-1914). Il suo governo di vescovo fu caratterizzato da azioni improntate a saggezza, semplicità e fortezza ammirevoli. Aperto alla cultura, alla solidarietà sociale, formò generazioni di giovani impegnandoli nel laicato cattolico e nella politica. 

   Detto sarcofago collocato nella prima cappella di sinistra sotto il cui pavimento sono sepolti altri vescovi della Diocesi. 

 

 

Cappella del SS. Sacramento, transetto di sinistra.

   La cappella  lunga m 19,75. Contiene un altare sotto la cui mensa vi  un piccolo sarcofago contenente alcuni resti di Santa Gianuaria traslate da Roma nel 1645 dal vescovo Michele De Torres.

   Il Ciborio  in alabastro ed  stato scolpito nel XVII secolo.

Sulla parete sinistra vi  un pregevole Crocifisso ligneo del XV secolo.

 

 

 

Crocifisso, scultura lignea,  XV secolo,  Cappella del Santissimo.

    Sulla parete sinistra della Cappella pende un Crocifisso in legno, il quale, pur se rimaneggiato e stuccato nel Settecento, lascia intravedere lo stile tardo gotico, che rende intensa sul volto l 'espressione di sofferenza. 

 

 

 

 

Ignoto, Ciborio,  scultura in alabastro, XVII secolo, Cappella del Santissimo.

    Il Ciborio  collocato sopra l'altare in marmo policromo, datato 1740.  Il Ciborio in alabastro   assai  prezioso:  molto bella ed articolata  la zona inferiore caratterizzata da alti dadi su cui poggiano gli arcangeli Raffaele e Gabriele, Angelo custode e Angelo con Tobiolo.

   Pare che sia stato scolpito da un ignoto meridionale della fine del Seicento.

 

 

 

Ignoto, Arcangeli, scultura in alabastro,  XVII secolo, particolare, Ciborio, Cappella del Santissimo.

    Il Ciborio in alabastro  assai prezioso:  molto bella ed articolata  la zona inferiore caratterizzata da alti dadi su cui poggiano gli arcangeli Raffaele e Gabriele, Angelo custode e Angelo con Tobiolo.

 

 

 

 

Arcangeli,  scultura in alabastro, XVII secolo, particolare. Ciborio, Cappella del Santissimo.

    Il Ciborio in alabastro  assai prezioso:  molto bella ed articolata  la zona inferiore caratterizzata da alti dadi su cui poggiano gli arcangeli Raffaele e Gabriele, Angelo custode e Angelo con Tobiolo.

 

 

 

 

Presbiterio ed Abside, XVIII secolo.

    Al centro del presbiterio  collocato il pregevole altare maggiore in marmo ad intarsio policromo di bottega napoletana del Settecento. Ha sui  lati due  teste di putti molto belle. E' di grande effetto scenografico. Forse  l'antico altare dedicato al SS. Sacramento commissionato nel 1739. 

   L'abside, stretta e allungata, contiene affreschi proponenti scene evangeliche culminanti nel  Cristo risorto, opera di Onofrio Bramante del 1980.

 

 

 

Catino absidale.

    L'abside, stretta e allungata, contiene  affreschi proponenti scene evangeliche culminanti, nel catino, con Cristo risorto, dipinti da Onofrio Bramante nel 1980. 

 

 

 

 

 

Cappella di S. Gerardo, transetto lato destro.

    Il braccio del transetto in cui  collocata la cappella misura m. 13, 50 ed   meno profondo rispetto a quello di destra di m. 19,75.

   L'altare, di fine Settecento, ha lo stemma araldico del vescovo De Dura ed   sovrastato da una nicchia marmorea con statua lignea di S. Gerardo La Porta di Piacenza, vescovo di Potenza dal 1111 al 1119, patrono della città e della Diocesi. La statua risale al XV secolo ed  stata restaurata nel 1880. Sotto la mensa, riposano le ossa del Santo custodite in un'urna d'argento.

   Le decorazioni della parete non sono d'epoca barocca, come potrebbero far pensare, bensì del 1934, dipinte dalla mano di Mario Prajer, che le ha organizzate con buon effetto scenografico. Si accede alla cappella attraverso un cancello, opera d'ignoto del 1846.

 

 

Ignoto, S. Gerardo, statua lignea, XV secolo, particolare, transetto lato destro

    Gerardo La Porta di Piacenza, vescovo di Potenza dal 1111 al 1119, è il patrono della città e della Diocesi. La statua risale al XV secolo ed è stata restaurata nel 1880.

 

 

 

 

 

Volta, 1934.

    La volta, a botte lunettata,  illustrata da quattro teleri raffiguranti (da destra verso sinistra): 

* Caduta di Adamo ed Eva, 

* Crocifissione,

* Chiesa trionfante con S. Pietro, 

* Giudizio universale. 

   Questi teleri e la decorazione dell'intera volta, avvenuta  nel 1934, sono opera di Mario Prajer, il quale li ha anche restaurati negli anni '45-50 del Novecento a seguito dei bombardamenti del '43.

 

Cupola, 1934.

    All'incrocio del transetto, la cupola poggia su un tamburo cilindrico. Pur avendo al centro raffigurato la Gloria di Dio Padre, mostra pi in basso una folla di contadini e bambini presentati  a Maria Assunta da S. Gerardo. L'affresco  opera di  Mario Prajer.

   Esternamente essa appare ottagonale. 

 

 

Il Viandante: Potenza - Chiesa di San Francesco

 

Facciata, 1274.

    La facciata  a spioventi in pietra quadrata a vista. Il portale, in pietra calcarea di forme durazzesche (XV secolo), incastona un pregevole portone in noce, intagliato da maestri locali nel 1499. "Diviso in otto serie di sei formelle, meno l'ultima che ne ha quattro, ciascuna con cornice sagomata e intagliata in profondità [É].

Si alternano alle tre serie di rosoni con diversi motivi gotici due serie di formelle con immagini varie: aquile, suonatori di piffero, scene di vita francescana; la penultima contiene uccelli cavalcati da figure umane, demoni alati e ancora figure umane tra fronte" (A.C.).   In alto, un rosone di fattura recente.

 

 

Pianta della chiesa.

    La chiesa sorge sul perimetro di un preesistente oratorio protoromanico. La sua fondazione risale al 1274. La data  incisa alla base dell'archivolto del portale. Gruppi di frati "operativi" sono presenti in città da qualche decennio e danno mano a partire dal 1264 alla costruzione sia del convento sia della chiesa annessa. 

   La comunità monastica francescana qui insediatasi, grazie al grande prestigio goduto dall'Ordine, diventa subito beneficiaria di lasciti e donazioni e nel contempo si fa vivace protagonista di acquisti, vendite e permute soprattutto nei secoli XV e XVI. E, sempre per motivi economici, ha vertenze col conte Carlo De Guevara, signore della città, e col Capitolo della cattedrale di S.Gerardo.

 

Interno, 1274.

    L'interno  a navata unica terminante con un'abisde semicircolare. Il soffitto sorretto da capriate lignee.

 

 

 

Giovanni Todisco, Martirio di S. Sebastiano, affresco, 1555-1560, edicola di  sinistra.

    Il pittore lucano dipinge questo affresco  con perizia calligrafica e colloca sullo  sfondo un paesaggio "con minuzia mentre i  personaggi appaiono caratterizzati ciascuno nel proprio ruolo: il re che  impartisce l'ordine ad arcieri accaniti a prendere la mira contro il santo quasi serenamente abbandonato al proprio martirio" (N.R.).

(cfr. Scheda - Giovanni Todisco)

 

 

Abside.

    Un imponente arco trionfale divide la navata dal presbiterio e l'abside. Esso   in pietra ed  impostato con costoloni raccordati ai pilastri da capitelli con motivi antropomorfi. Lo stile  tardogotico di ascendenza catalana.

   Dal soffitto pende, sospeso sull'altare maggiore, un Crocifisso in legno del XVI secolo la cui forma del corpo  monumentale, ferma e compatta. Lo stile prelude a soluzioni iconografiche e formali barocche. Legno policromo di bottega locale,  stato restaurato dopo il terremoto del 1980.

   Il catino  a crociera poligonale con costoloni in pietra collegati ai pilastri mediante capitelli a cesti di foglie; al centro si apre una monofora trilobata. 

 

Sepolcro di De Grasis,  materiale lapideo,1534

    Sopra due basamenti  collocato il sarcofago a vasca, sostenuto da due grifi alati, sul quale  distesa la figura del defunto. La lunetta  formata da un bassorilievo con Madonna e Bambino tra due angeli inginocchiati. Il De Grasis, soprannominato "Malamogliera", fece allestire tale sepolcro quand'era ancora in vita. L'immagine scolpita a figura intera in positura orizzontale  l'unica testimonianza del vestiario indossato dagli abbienti locali dell'epoca.

 

 

 

Ignoto, Ss. Chiara e Francesco, affresco, del sec. XIV, edicola di destra.

    L'affresco  collocato in una piccola nicchia e appartiene alla  prima metà del XIV secolo.

"Un'aria napoletana appena toccata dalla presenza di Lello [da Orvieto, pittore vissuto nella prima metà del Trecento] raggiunge l'anonimo frescante" di questi due dipinti, lo stesso che a Matera aggiungerˆ alcune figure ai dipinti della chiesa rupestre della Vaglia. (cfr. Grelle)

 

 

Giovanni De Gregorio detto il Pietrafesa, Pietà, tela, 1608.

    Quest'opera  la prima firmata  dal Pietrafesa,  e già riflette i modelli fiamminghi diffusi in Basilicata verso la fine del Cinquecento. L'accentuata drammaticità espressività dei due personaggi ritratti rinvia anche a modelli iberici pi antichi circolanti all'epoca sia in Basilicata sia nel napoletano.

(cfr. Scheda - Giovanni De Gregorio)

 

 

Ignoto, Natività e i Ss. Francesco e Giovanni Evangelista, dipinto su tavola, XVI secolo.

 

 

 

 

 

Ignoto, Madonna con Bambino, dipinto su  tavola, XIII secolo.

    La tavola  un' "opera locale del tardo duecento"(Garrison) ed  stata  dipinta secondo lo stile bizantino. E' stata donata alla chiesa nel 1852 dalla famiglia Janora. L'effige  anche chiamata "Madonna del terremoto" perché legata al ricordo del sisma del 17 dicembre 1857, durante il quale la popolazione invocò protezione da "questa" Madonna. 

 

 

 

Il Viandante: Potenza - Chiesa della SS. Trinità

 

Facciata

"Pietra a faccia vista in cotto con il corpo superiore raccordato con volute in cotto" (Sabia). La facciata ha un portale affiancato da sei lesne; al di sopra della trabeazione si sviluppa il timpano a spioventi. 

   Un documento del 1178 segnala la chiesa ubicata nel Castrum vetus (primo nucleo medievale fortificato). I terremoti la costringono a subire varie modifiche. Una di queste  del 1414, ad opera di un certo Marino Dente, e riguarda l'ampliamento della fabbrica. Nel 1429 la chiesa, ancora a tre navate,  riconsacrata "perché antichissima se n'era dispersa la memoria di chi la avesse consacrata la prima volta" (Rendina). I terremoti del 1694 e 1857 la fanno però in parte crollare assieme al campanile.  La si ricostruisce con modifiche dal 1860 in poi. La legge del 15 agosto 1867 la sopprime come parrocchia, ma come tale viene restituita al culto nel 1872.

 

 

Mario Prajer, Personaggi biblici, tele, 1935.

   Sopra la trabeazione e tra una lesna e l'altra, sono allineate 24 tele  proponenti

Personaggi biblici  e dipinte da Mario Prajer.

 

 

 

Soffitto.

   Il soffitto  a cassettoni con lacunari intarsiati in oro zecchino ed ha al centro il telero raffigurante la SS. Trinità, dipinto nel 1930  da Mario Barberis. 

   L'interno della chiesa  a navata unica con piccole cappelle laterali.

 

 

 

 

Abside

   L’ abside è caratterizzata da un organo di 1105 canne. Il catino si presenta  traforato da losanghe con 60 fiaccole in legno, simbolo della speranza della resurrezione. 

 

 

 

 

 

Nicola Cacciapuoti, Madonna di S. Luca, tela, 1738, transetto.

 

 

 

 

 

 

G.B.F., Madonna del Carmine coi Ss. Giuseppe, Francesco di Paola, Domenico, Filippo Neri, tela, XVIII secolo, transetto.

 

 

 

 

 

Ignoto, Madonna con Bambino e i Ss. Agostino, Pietro, Paolo, tela, XVIII secolo, transetto.

 

 

 

 

 

 

Ignoto, SS. Agostino e Pietro, particolare di Madonna con Bambino e i Ss. Agostino, Pietro, Paolo, tela, XVIII secolo, transetto.

 

 

 

 

Giovanni De Gregorio detto il Pietrafesa, Madonna dei mali, tela, 1608?,  transetto.

(cfr. Scheda - Giovanni De Gregorio)

 

 

 

 

 

Antonio Stabile, Annunciazione, dipinto su tavola, 1580.

   La lunetta, uscita dalla bottega del pittore Stabile,  collocata al di sopra della porta d'ingresso  secondario della chiesa. 

(cfr. Scheda - Antonio Stabile)

 

Il Viandante: Potenza - Chiesa di San Michele Arcangelo

 

Esterno, XII-XIII secolo.

    La facciata, a pietra a vista,  in stile romanico, ha un portale a tutto sesto  sopra il quale si apre una semplice finestra strombata. La gradinata d'accesso viene costruita tra il 1848 e il  1855 e successivamente rifatta.

  Papa Gelasio I (492-496) incarica il vescovo locale di erigere una  chiesa in onore dell'Arcangelo. E' un "si dice". Certo , invece, un primo documento che parla di essa nel 1179. L' impianto architettonico dell'edificio  ancora quello originario, "severo e nudo monumento d'arte romanica" (Messina). La sua costruzione si fa risalire, da parte di pi studiosi, tra la fine del 1100 e gli inizi del 1200. Pare  che sia opera di Sarolo da Muro Lucano.

(cfr. Scheda - Sarolo da Muro)

 

 

Interno, XII-XIII secolo.

    Le  linee interne dell'edificio  sono romaniche. La pianta  basilicale a tre  navate absidate divise tra loro da 12 pilastri quadrati, senza basi di fondo, con capitelli a piramide tronca rovesciata. Le navate hanno il soffitto coperto da capriate in legno e sono illuminate da piccole finestre a doppio strombo.

 

 

Cona di Sant’Antonio da Padova, scultura lignea, 1605 o 1665.

    La cona è molto bella con le sue quattro colonne decorate a festoni floreali e putti. La data di costruzione (1605 o 1665) è dipinta sulla base. Pare che sia stata intagliata da maestri del vicino paese di  Avigliano. Essa “s’impone soprattutto per l’elegante  apparato decorativo armoniosamente inserito in un impianto architettonico ispirato ancora a modelli cinquecenteschi” (I.V.).

   Nella nicchia vi è la scultura lignea, forse del Settecento, raffigurante S. Antonio da Padova.

   Ai lati della cona i dipinti, a sinistra i Ss. Gerardo e  Francesco da Paola; a destra i Ss. Vito e Saverio. 

 

 

Simone da Firenze (?), Cristo deposto e Annunciazione, dipinto su tavola, 1537,  Cimasa della Cona di Sant'Antonio.

    La cimasa  formata dalla parte di un  polittico del 1537, purtroppo smembrato, attribuito a Simone da Firenze, di cui si hanno documenti dal 1520 al 1540 ca.. Ritrae a mezzo busto Cristo deposto dalla croce con, a sinistra, Angelo nunziante, e a destra, Annunziata.

(cfr. Scheda - Simone da Firenze)

 

 

Teodoro D'Errico, Madonna con Bambino e i Ss. Pietro e Paolo, tela, XVI secolo.

    D'Errico lo pseudonimo del fiammingo ugonotto Dirk Hendrikksz (pitt. doc. 1574-1618), rifugiatosi a Napoli dopo la strage della notte di S. Bartolomeo (24 agosto  1572). 

   In questo suo quadro sono tangibili "il tenero pittoricismo adottato dall'artista olandese, la cangiante vivacità cromatica delle stoffe all'insegna del gusto baroccesco, la tendenza dolce e pastosa che si pone come tramite culturale tra la maniera italiana e la "verità" fiamminga. Il paesaggio poi  immerso "in un'atmosfera dai teneri effetti luministici e cromatici" (A.C.).

(cfr. Scheda - Teodoro D'Errico)

 

 

 

Antonio Stabile, Madonna del Rosario tra i Ss. Domenico e Tommaso, tela, 1576.

    Il dipinto   suddiviso in due registri: quello superiore presenta la Madonna e il Bambino  intenti a porgere la corona del rosario ai Ss. Domenico e Tommaso d'Aquino; in quello inferiore sono scanditi in due ordini 15  scenette raffiguranti i misteri del rosario. Il quadro  interessante anche per l'insolita scansione a registri sovrapposti delle scene dei Misteri, abitualmente collocate ai margini della scena principale.

   Questo quadro non  dissimile da quello presente  ad   Acerenza, nella Cattedrale: "gli stessi colori freddi, lo stesso disegno minuzioso di marca iberica e fiamminga, lo stesso equilibrio compositivo, le stesse forme del viso, degli occhi, delle palpebre abbassate solcate da una striscia scura" (Regina).

(cfr. Scheda - Antonio Stabile)

 

 

Simone da Firenze, Gli Apostoli, dipinto su tavola, 1532, particolare.

    La predella apparteneva ad un polittico, ora smembrato,  uscito dalla bottega di Simone da Firenze, pittore di cui si hanno documenti che vanno dal  1520 al 1540 ca..

(cfr. Scheda - Simone da Firenze)

 

 

Simone da Firenze, Cristo fra gli Apostoli, dipinto su tavola, 1532, particolare.

    La predella apparteneva ad un polittico, ora smembrato,  uscito dalla bottega di Simone da Firenze, pittore di cui si hanno documenti che vanno dal  1520 al 1540 ca..

(cfr. Scheda - Simone da Firenze)

 

 

Giovanni de Gregorio detto il Pietrafesa, Annunciazione, tela, 1612.

    L'opera appartiene alla maturità artistica del  Pietrafesa, il quale riesce qui a raggiungere ottimi livelli qualitativi soprattutto nell'Angelo, rappresentato con spontaneità di espressione ed equilibrio classico.

(cfr. Scheda - Giovanni De Gregorio)

 

 

 

 

Giovanni Luce (?), Madonna in trono col Bambino tra i Ss. Nicola di Bari e Ambrogio, sovrastati da S. Michele, affresco, 1571.

    Il dipinto, collocato presso la porta principale,  è attribuito alla scuola di Giovanni Luce da Eboli (pittore della prima metà del XVI secolo). Faceva parte della Cappella di S. Nicola andata distrutta.

   Oltre ai santi di cui si è detto, in basso sono raffigurati i due committenti-donatori, in alto si intravede uno scorcio della città.

(cfr. Scheda - Giovanni Luce)

 
 
 
 
 

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella pagina di policy & privacy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie. Policy & Privacy