Il Viandante: Venosa - L'incompiuta

 

Portale d'ingresso,  XVI secolo.

   Nella chiave  di volta  scolpito l'Agnello con la croce, simbolo dell'Ordine dei Cavalieri di  Malta.  A tale Ordine papa Bonifacio VIII assegna, nel 1297, l'Abbazia, sottraendola ai Benedettini, in quanto con l'ultima Crociata  esso ha perduto i possedimenti in Palestina ed ora necessita, quindi, di nuove sedi e nuove rendite. I Cavalieri  non portano a termine  la costruzione della chiesa bensì modificano la Chiesa antica. Lasciano Venosa nel 1798 a seguito del ridimensionamento dell'Ordine cavalleresco attuato da Napoleone. Da quella data il patrimonio passa al demanio statale con conseguente degrado.

 

 

Ingresso principale.

 

 

 

 

 

Abside e absidiola destra, 1150, scorcio esterno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Abside e absidiole, 1150, veduta esterna.

 

 

 

 

 

Interno, 1150, ingresso al deambulatorio.

    L'interno  a croce latina poco accentuata essendo l'Abside e il Transetto molto ampi. 

   E' a tre navate. La struttura si  sviluppata sul proseguimento delle linee perimetrali della Chiesa antica. E' lunga 70 metri, di cui 35 il Presbiterio a croce absidata e 35 la navata centrale. 

   Quest'ultima  larga 24 metri, il Transetto  di metri 48. Complessivamente occupa una superficie di 2073 metri quadri.

 

 

 

Navata laterale destra col Campanile "a vela",  fine XVI secolo.

   Sul lato destro cinque colonne e un pilastro polistile messo in un angolo dividono la navata centrale dalla laterale destra. Esse sono sviluppate nelle linee verticali, anticipatrici del gotico.

   Il Campanile  a frontone triangolare con tre monofore;  stato elevato, sulla parete superiore sinistra, tra il XVI e il XVII secolo. 

 

 

Colonna della navata destra sormontata da capitello, materiale lapideo, 1150.

 

 

 

 

 

 

 

 

Maschera, materiale lapideo, 1150, inserita nel calano di un capitello.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitello con collarino a cesto, materiale lapideo, 1150.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Accesso suppletivo.

Esterno. Sopra la lunetta, Stele funeraria d'epoca romana che racchiude quattro busti di persone togate. Nel timpano, Gorgone. Ai lati, due mensole su cui vi sono due Leoni giacenti.

 

 

Il Viandante: Venosa - L'abbazia della Trinità

 

Esterno; sulla destra: Foresteria (piano terra) e Monastero (piano superiore), secoli VI-IX.

    Il Monastero fu fondato nel 942 forse dal duca normanno Gilulfo. Al piano terra era collocata la Foresteria, la parte superiore era riservata ai monaci. Serviva anche da residenza ufficiale degli Altavilla quando essi si recavano in visita all'Abbazia.

 

 

Esterno, secoli VI-IX.

    Non si sa con esattezza in quale anno sia iniziata la costruzione della chiesa. Illustri studiosi hanno manifestato pareri discordi. La tesi maggiormente accettata  quella formulata dallo storico dell'arte Emile Bertaux (1869-1917), che pone la fondazione tra il 1135 e il 1150. 

   La costruzione della nuova chiesa nasce da un'esigenza di culto: il numero di monaci benedettini ospitati nel monastero  alto (si parla di 100 unità) e la Chiesa antica appare insufficiente alle molteplici funzioni liturgiche; si decide così di progettare la costruzione di una nuova chiesa, a ridosso dell'abside esistente, conferendole le  dimensioni di una basilica. 

   La struttura , infatti, sviluppata sul proseguimento delle linee perimetrali della Chiesa antica e misura 70 metri di lunghezza e 24 di larghezza.

 

 

Leone, scultura lapidea, sec. V, antistante l'ingresso.

    Uno dei motivi che ispirava la collocazione di leoni in pietra  all'ingresso di una chiesa  consisteva nel ritenere l'animale emblema di Satana, dei vizi e delle eresie. Tale immagine aveva la funzione di ricordare ai fedeli,  prossimi ad entrare nel tempio, che essi sarebbero stati sballottati e strattonati  da tutte le parti dai demoni, fino a quando non avessero preso la strada dell'altare dove brillava la luce di Cristo.

 

 

Leone, scultura lapidea, sec. V, antistante l'ingresso.

    Una molteplicità di motivi positivi presiedeva alla decisione di collocare un leone in pietra all'ingresso di una chiesa: ritenere l'animale emblema della resurrezione e del Cristo resuscitato; emblema biblico della morte di Ges, delle due nature di Cristo, della scienza del Nazareno, del Verbo divino. 

 

 

 

Foresteria, atrio; sulla sinistra, la "colonna dell'amicizia", 942.

    La Foresteria fa parte  del monastero, contiguo alla Chiesa antica, fondato nel 942 forse dal duca Gilulfo. 

   L'atrio  caratterizzato  da possenti volte e grandi arconi. L'attuale fisionomia risente dei restauri successivi ai terremoti del 1851 e del 1930.

    La "colonna dell'amicizia"  una colonna romana sormontata da un capitello bizantino. Tradizione vuole che  due persone che girano intorno ad essa tenendosi per mano avranno amicizia  lunga; ed inoltre, se una giovane sposa si comprime tra colonna e parete  avrà assicurata la propria feconditˆ. Quest'ultimo rito si ricollega ad altri risalenti ad epoca romana, quando gli sposi celebravano le nozze nel tempio di Imene, sulla cui area sorge ora la Chiesa antica. 

 

 

Nartece con Portale d'ingresso, scultura lapidea, sec. VII-X.

    Nelle chiese paleocristiane il Nartece era quello spazio riservato  ai catecumeni e ai penitenti, costituito da un vestibolo di solito addossato all'esterno della facciata.

 

 

 

 

 

Maestro Palmerio,  Portale della seconda facciata, scultura lapidea, 1257

    Il portale fu commissionato dall’abate Barnaba (la notizia è riportata sulla cornice che chiude il timpano). Gli elementi ornamentali della parte inferiore appaiono piuttosto malandati; ciò si deve ai ripetuti raschiamenti eseguiti nel Cinquecento quando si credette che la polvere di marmo raschiata dal portale avesse il potere  taumaturgico di guarire dalla malaria,  abitualmente imperversante nella zona.

 

 

 

 

Maestro Palmerio, Lunetta a cordoni del portale, materiale  lapideo, 1287

 

 

 

 

 

Acquasantiera, materiale lapideo, XI secolo.

    E' un capitello romanico che funge da Acquasantiera. In precedenza era utilizzato come vasca battesimale. 

Sui suoi lati  raffigurata, simbolicamente, la Creazione dell'uomo: dalla bocca  di Dio (Logos) fuoriescono Adamo ed Eva; al di sotto vi sono animali col volto umano che stanno a significare la fusione nell'uomo delle due nature, animale e divina.

 

 

 

Tomba di Alberada,  materiale lapideo, XII secolo.

    La nobildonna fu moglie di Guiscardo e madre di Boemondo, cantato da Torquato Tasso nella "Gerusalemme Liberata". 

La tomba  in marmo cipollino e la sua impostazione stilistica molto semplice: l'arca sovrastata da un timpano retto da due colonne esili. I marmi antichi e pregiati le conferiscono un senso di tristezza.

 

 

 

 

Abside

    E’ asimmetrica essendo stata  spostata di oltre 1 metro sulla destra dell’asse della navata centrale. Tale anomalia è mascherata dall’arco trionfale in modo scenografico, concepito da frate Erberto Mirelli, dei Cavalieri di Malta, nel XVIII secolo.

   Al centro: altare in pietra (1960) sormontato  dal gruppo raffigurante la SS. Trinità, opera lignea di artigianato altoatesino.

 

 

Tomba degli Altavilla, materiale lapideo,  XVI secolo.

    La tomba contiene, tra l'altro, i resti dei duchi normanni Guglielmo detto Braccio di Ferro, Umfredo,  Dragone, Roberto il Guiscardo, Guglielmo.  Originariamente ognuno di questi duchi aveva una sua tomba. Ardicino Barba, dei Cavalieri di Malta, nuovi  proprietari dell'Abbazia, nel XVI secolo raccolse in un solo sacello tutti i resti mortali dei nobili che avevavo eletto la Chiesa antica a pantheon degli Altavilla.  Gli stemmi dipinti sulla  sinistra del timpano sono dei  Cavalieri di Malta; quello centrale  d'ignoto.

   L'affresco, brutto e rovinato dal salnitro, rappresenta la SS. Trinità, due cavalieri inginocchiati,  ed  d'ignoto.

 

 

Ignoto, Madonna con Bambino, affresco, (primo pilastro a destra).

 

 

 

 

 

 

 

Ignoto, Vescovo benedicente, affresco, (terzo pilastro a sinistra).

    Dipinto di stile arcaico: il volto ha lineamenti scarni fortemente evidenziati dalla barba bianca;  la càsula episcopale, in verde ocra,  ricamata ed  indossata su una tunica di  colore rosso. La  staticità della figura  rotta dalla positura lineare delle mani.

 

 

 

 

 

Roberto d'Oderisio da Benevento, Santa Caterina d'Alessandria,  affresco, sec. XII, (terzo pilastro di sinistra).

    Il dipinto di Santa Caterina si manifesta "come un'apparizione inaspettata di grazia e bellezza  toscana" (Bertaux).  

La raffigurazione ritrae una donna  ricca e bella con diadema, in abito ricamato e manto bianco, di cui un lembo  retto dal braccio sinistro; la mano destra  tesa a reggere una ruota, simbolo del suo supplizio. Si narra, infatti, che ella, nata ad Alessandria d'Egitto e convertitasi al cristianesimo, fu condannata a morte  per mezzo di un supplizio particolare: una macchina composta da quattro ruote armate di punte dovevano stritolare il suo corpo, ma un fulmine fece scoppiare tale macchina. Il giorno dopo la giovane, che era anche colta, fu decapitata (anno 307 o 311). Le sue spoglie riposano ai piedi del monte Sinai, dove sorge un famoso monastero a lei intitolato

 

 

 

Maestro della Cappella di Pipino, Deposizione, affresco, 1350 o 1356, (terzo pilastro a sinistra).

    Il dipinto  di segno giottesco. Va  notata la raffigurazione del dolore sul volto di Maria e la disperazione di Giovanni, che si strappa le vesti secondo l'uso giudaico.

 

 

 

Ignoto, San Paolo, affresco, XII secolo, (quinto pilastro di sinistra).

    “Sui colori predominanti dell’abito rosso e dello sfondo verde, l’immagine acquista risalto per l’espressione singolare  e sospesa del viso […].

La tonalità cromatica dell’affresco, basato sui colori opachi, mostra una indovinata sfumatura  luminosa per mezzo  della spada di colore grigio, […] e per la candida aureola che circonda il capo” (Mezzina).

 

 

 

 

 

Fra' Giuseppe Caccia, affresco, 1566, (quarto pilastro a destra).

    Appartenente ai Cavalieri di Malta,  Giuseppe Caccia era nato a Varese. Morì a Venosa il 28 settembre 1558. 

Fu tumulato nella Chiesa ma nel Settecento, i discendenti trasferirono i resti mortali nella città d'origine.

 

 

 

 

Giovanni Todisco, Agostino Barba, 1566, affresco, particolare, (quinto pilastro di destra).

 

(cfr. Scheda - Giovanni Todisco)

 

 

 

  

Ignoto, Papa Niccolò II, affresco,  XIV secolo (?), (quarto pilastro a destra).

    Niccolò II (1059-1061),  da Melfi, dove si trovava per  il Concilio da lui convocato (1059), venne a Venosa per consacrare  la Chiesa antica, completamente rinnovata da Roberto il Guiscardo. 

   L’immagine si impone più per il suo vivace  cromatismo che per  il tratto del disegno, spesso insicuro: il rosso cupo del piviale fa da contrappunto al violaceo del camice plessato e la luminosità della barba è ben più marcata del biancore del trono che consente, tuttavia, di delineare con nettezza la figura ieratica del pontefice.

 

  

Maestro della Cappella di Pipino, Angelo benedicente,  affresco, XVI secolo,  (terzo pilastro a destra).

    Dipinto suggestivo  per i suoi toni sfumati; la sua dinamicità  data dalla mano benedicente, fine ed elegante. L'opera  del cosiddetto Maestro della Cappella di Pipino (quest'ultimo conte di Potenza  e di Bari) e fa parte di un ciclo dipinto negli anni 1350-1356.

 

 

 

 

Ignoto, Madonna con Bambino, affresco, sec. XV (?), (primo pilastro a sinistra).

    L'affresco  uno dei cinque di soggetto mariano presenti nella Chiesa antica. "Un lirismo delicato pervade l'intero dipinto; se ne coglie l'intensità più vibrante sul viso della Madonna denso di grazia e di tenerezza; il profilo del corpo viene valorizzato dal manto scuro e dalla veste dello stesso colore bordati di giallo chiaro" 

(Mezzina).

 

 

 

 

 

 

Madonna col  Bambino in trono, affresco,  XI secolo, (primo pilastro a destra).

 

 

 

 

 

 

 

Ignoto, Santo Stefano diacono, affresco, XV secolo (?), (primo pilastro a destra).

    Il santo indossa una dalmatica verde scuro su camice giallo, con la sinistra regge  il Vangelo su cui sono poste alcune pietre, simbolo del suo martirio avvenuto per lapidazione. Ai due lati dell'arco, gli stemmi dei Cavalieri di Rodi.

 

 

 

 

Cripta "a corridoio" con altare.

    Raro esempio di cripta  "a corridoio" costruita per invitare i pellegrini a non sostare in preghiera ma  a  sfilare dinanzi alle reliquie dei  Martiri qui custodite.

 

 

Il Viandante: Atella - Duomo di Santa Maria Ad Nives

 

Portale,  materiale lapideo, XIV secolo.

   Il portale  in pietra scolpita: "la lunetta lesionata reca in basso un sinuoso tralcio continuo con fiori di malva, delimitato da un sole pieno raggiato e dalla luna muliebre" (Soprintendenza). Autore  un ignoto, forse lucano.

 

 

 

 

Crocifisso, rilievo lapideo, XV secolo,  particolare della facciata.

 

 

 

 

 

 

 

Sant'Antonio abate, rilievo lapideo, XVI secolo,  particolare della facciata.

   Antonio abate, vissuto nel deserto d'Egitto ed altrove nel IV secolo,  uno dei santi pi popolari del cristianesimo: a livello colto, perché ritenuto il fondatore dell'ascetismo (cioé della vita austera), a livello popolare perché invocato contro quell'afflizione del corpo nota come "fuoco di sant'Antonio" e anche perché protettore del bestiame. E' per quest'ultimo motivo che  stato posto ai suoi piedi il roseo porcellino, come simbolo di salute e di floridità degli animali.

 

 

 

San Nicola di Bari, rilievo lapideo, XVI secolo,  particolare della facciata.

   Il culto di san Nicola, vescovo di Mira nel IV secolo, si  diffuso nel nord-est della Basilicata a partire dal secondo decennio del 1200, dopo che nel 1087 le reliquie del santo erano state accolte trionfalmente a Bari. La diffusione del culto fu abbastanza rapida anche nel resto d'Italia e d'Europa. Egli divenne il pi famoso santo nell'Alto Medioevo per i suoi miracoli di delicata carità, soprattutto in favore delle persone semplici e dei bambini.

 

 

 

Interno, XIV secolo.

   La chiesa   un edificio durazzesco del XIV secolo. Essa  parte centrale del paese voluto e costruito fra gli anni 1320-30 da Giovanni d'Angiò, per concessione del fratello Roberto il Saggio, re di Napoli. L'interno, a navata unica, ha il soffitto in capriate in legno. 

   Esempi ragguardevoli di artigianato lucano del Settecento sono rappresentati dalla Cassa dell'organo e dal Coro, entrambi lignei.

Il Viandante: Ripacandida - Santuario di San Donato

 

Prospetti della facciata della chiesa e del convento.

   Nel 1604 ritornano a Ripacandida i francescani Minori Osservanti, che c’erano stati una prima volta dopo il 1325, e costruiscono il  nuovo convento accanto all’ "antichissima chiesa di san Donato" (Araneo). Restaurano anche quest’ultima, piuttosto malandata, e l’arricchiscono con ulteriori affreschi, soprattutto  sulle fasce dei pilastri, raffigurando santi dell’ Ordine  francescano.

   La sezione rivela la struttura interna della chiesa che è in stile gotico, a navata unica con volte a crociera,

articolata da quattro pilastri addossati alla parete. Un data di costruzione può farsi risalire alla seconda metà del secolo XI; nei secoli successivi tale struttura subisce qualche lieve  modifica e resta immutata dalla fine  del Quattrocento in poi. 

Prospetto della facciata e campanile

   La facciata e il campanile sono stati costruiti nel XIX secolo e hanno un impianto molto semplice.

 

 

Pianta del santuario.

   La prima notizia che si ha del santuario risale alla Bolla del 1152 di papa Eugenio III. "Parrebbe che essa sia sorta su una chiesa preesistente" (Iusco). Fino al 1546 era una delle principali chiese del paese e aveva un numeroso clero e molte rendite. Nel decennio 1536-46 il vescovo di Melfi, mons. Acquaviva, costruisce la Chiesa Madre Santa Maria del Sepolcro al fine di concentrare in un'unica parrocchia clero, fedeli e rendite, prima divisi fra le varie chiese esistenti a Ripacandida.

 

 

Interno del santuario.

   L'interno  strutturato a navata unica con volte a crociera articolata da quattro pilastri addossati alla parete e si chiude in fondo con un'abside quadrata la cui volta  anch'essa a crociera.

   L'arricchiscono degli  affreschi dipinti dalla prima metà del Cinquecento in poi. Essi si sviluppano sulla volta, a tre livelli, sui pilastri, nei pennacchi, nei lunettoni delle pareti. Nella prima campata sono dipinti alcuni episodi del Nuovo Testamento: Annunciazione, Crocifissione, Resurrezione, ecc.  Nella seconda e terza campata vi sono storie tratte dal libro della Genesi.

   Da una prima lettura si desume che essi sono "unici" in Basilicata in quanto  caratterizzati da "figure di Santi, Virt e storie di una sapida Bibbia vissuta sul metro delle opere ed i giorni d'un mondo agricolo ed artigiano" (Prandi). Vi  poi il gusto delle miniature con cui  stato dipinto il ciclo pittorico, "animato da un popolo minuto e brulicante, da una fauna anedottica, damerini e pulzelle ritrose in veste di spettatori, con fogge da sagra paesana [in cui] il racconto non  privo di brani estrosi e pungenti" (Grelle).

 

 

Nicola da Nova Siri, Creazione del  sole e della luna, affresco, XVI secolo.

   "Dio disse: "Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla notte; servano da segni per  le stagioni, per i giorni e per gli anni, e servano da luci nel firmamento del cielo per illuminare  la terra". 

   E così avvenne: Dio fece le due luci grandi, la luce maggiore per regolare il giorno e la luce minore per regolare la notte" (Genesi 1, 14-16).

(cfr. Scheda - Nicola da Nova Siri)

 

 

Nicola da Nova Siri, La creazione di Eva, affresco, XVI secolo.

   Il dipinto mostra Adamo addormentato e l'uscita di Eva dalla sua costola. Esso rende in modo  didascalico il versetto della Genesi: "Il Signore  fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. Il Signore plasmò con la costola una donna e la condusse all'uomo" (2, 21-22).

(cfr. Scheda - Nicola da Nova Siri)

 

 

Il sacrificio e  l'alleanza, affresco, XVI secolo.

    "Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco  una fiaccola ardente e un forno fumante bruciarono agli animali squartati [una giovenca, un ariete, una tortora, un piccione], In quel giorno il Signore condusse questa alleanza con Abramo: <Alla tua discendenza io do questo paese>" (Genesi 15, 17-18). 

E' interessante notare come il pittore abbia circondato la figura di Abramo con  persone, mentre nella Bibbia il colloquio tra Dio e il patriarca avviene a quattr'occhi. Tale scelta può essere stata determinata dalla volontà di imprimere all'episodio un valore comunitario.

(cfr. Scheda - Nicola da Nova Siri)

 

 

Nicola da Nova Siri, La cacciata dall'Eden, affresco, XVI secolo.

    L'aver mangiato il frutto dell'albero loro proibito aveva dato ad Adamo ed Eva la coscienza del bene e del male; ma la loro azione era stata un atto di ribellione a Dio, il quale, di conseguenza,  scacci˜, dal giardino dell'Eden  l'uomo dicendogli: <Con il sudore del tuo volto mangerai il pane,  polvere tu sei e in polvere tornerai>; scacciò Eva dicendole: <Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze. Verso tuo marito si volgerà il tuo istinto, ma egli ti dominerà>" (Genesi 3, 16 e 19).

(cfr. Scheda - Nicola da Nova Siri)

 

 

Nicola da Nova Siri, La costruzione dell'Arca di Noè, affresco, XVI secolo.

    Anche in questo riquadro il pittore  preso dalla preoccupazione di rendere didascalico il versetto biblico "Dio disse a No: <Fatti un'arca di legno di cipresso; dividerai l'arca in scomparti e la spalmerai di bitume dentro e fuori>"  (Genesi 7, 14): egli mostra infatti, Dio, che non solo ha già dato l'ordine al patriarca di mettersi in salvo ma gli impartisce anche delle istruzioni pratiche sul come costruire l'arca, qui già presentata in una sua struttura di base.

(cfr. Scheda - Nicola da Nova Siri)

 

 

Nicola da Nova Siri, Abramo si separa da Loth (sopra), e Pietro di Giampietro, Santo (riquadro), affresco, XVI secolo il primo, XVIII secolo il secondo.

 I mandriani di Abramo e di Loth, suo nipote, litigavano per il pascolo dei rispettivi greggi, assai numerosi. Allora Abramo disse a Loth che era bene separarsi e quest'ultimo scelse allora di eleggere a sua dimora la valle del Giordano, irrigata da ogni parte (cfr. Genesi 13, 8-11).

Nel dipinto, in basso, un "mandriano spinge un gruppo di bovini e di camelidi, reinventati questi ultimi con forme approssimative e fantasiose. Ma la scena che ha colore locale più schietto è nella famigliola del contadino che, a piedi,  torna dai campi, tenendo a guinzaglio l'asino, caricato della sua donna con due bambini" (Iusco).

   Le  fasce dei pilastri sono illustrate anche da tabelloni votivi dipinti in tempi diversi e da autori diversi; raffigurano santi dell’Ordine francescano. 

(cfr. Scheda - Nicola da Nova Siri)

 

 

Nicola da Nova Siri, La torre di Babele,  affresco, XVI secolo.

    E'  l’illustrazione del versetto “Il Signore scese a vedere la torre  che gli uomini stavano costruendo… confuse le loro lingue e li disperse su tutta la terra” (Genesi 11, 5 e 8).

   L'immagine documenta le fasi di lavoro di muratura:"vi sono operai alla ruota dell'argano, capimastri che sovraintendono, fabbricatori che sui ponti volanti allineano ed assestano i mattoni, mentre a spalla mastelle di calce che si impasta a piè d'opera." (Iusco)

(cfr. Scheda - Nicola da Nova Siri)

Il Viandante: Atella - Chiesa di Santa Lucia

 

Ignoto, Madonna riparatrice, affresco, 1420.

   La Vergine, “in piedi, estende il suo ampio mantello sopra le sue braccia in croce per proteggere la folla di devoti inginocchiati; la protettrice è una figura di grandezza naturale, i fedeli sono piccoli. A destra e a sinistra del gruppo due angeli tengono delle banderuole con iscrizioni illeggibili.

In alto, Dio Padre veduto a mezzo corpo, scaglia delle saette che due angeli, librati in aria, gli presentano: le saette hanno ferito qualche fedele: la Madonna ha esteso le braccia per proteggere gli altri”.  

Di questo dipinto il “simbolismo è puramente religioso. Il motivo della Madonna che copre col suo mantello la folla dei suoi figli colpevoli o miserabili, si ritrova in altre opere d’arte” (Bertaux).

 

 

 

 

 
 
 
 
 

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